Il tempo della democrazia
Myanmar, incontro con San Suu Kyi. La sua sfida: riconciliazione nazionale e crescita economica
Articolo di Sandra Zampa su L’Unità del 28 settembre 2016
” Potrei dire che sei mesi sono nulla di fronte a cinquanta anni. Potrei dirlo, ma il popolo ha atteso per cinquanta anni questi sei mesi, e questa risposta non può bastare”.
Abbiamo incontrato Aung San Suu Kyi a Naypyidaw, la capitale politica del Myanmar, con la delegazione parlamentare italiana, la prima nella storia dei rapporti tra i due Paesi. Dopo la visita del nostro ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, il primo dell’ occidente a incontrare Aung San Suu Kyi, la donna che ha tenacemente voluto e concorso alla transizione del suo paese dal regime dei militari alla democrazia: non potendo assumere la carica di presidente, è ministro degli Esteri birmano e consigliere di Stato.
La vicinanza e l’amicizia dell’ Italia con San Suu Kyi e con il suo popolo viene da lontano, dagli anni bui della dittatura militare. Sono passati tre anni dal nostro primo incontro “informale” (mio, di Albertina Soliani e Giuseppe Malpeli, vero tessitore della relazione con esponenti della società birmana vicini ad Aung SanSuu Kyi, oggi scomparso), al Parlamento di Naypidaw, dove la “Signora”, eletta nelle file della Lega nazionale per la democrazia, guidava l’opposizione. Ora è nel pieno della sua missione, ha messo la parola fine a 50 anni di dittatura militare, ha imboccato la strada per costruire una nuova democrazia in Birmania. Una sfida enorme. Quella di sempre, il futuro del suo Paese nel mondo.
La prima parte di questa sfida, durata lunghi anni, l’ha già vinta nelle elezioni dell’8 novembre 2015. Sul piano interno il primo obiettivo è la riconciliazione nazionale, con il cessate il fuoco, la costruzione di uno stato federale che rispetti le etnie, il dialogo tra le religioni. Siamo arrivati mentre si svolgeva la Conferenza di Pace di Panglong del XXI secolo, circa settant’anni dopo quella indetta dal generale Aung San, suo padre, nel 1947, pochi mesi prima del suo assassinio.
“Non guardate al passato ma al futuro”, ha detto ai 1800 delegati alla presenza di Ban Ki Moon, lei che conosce la sofferenza del passato della Birmania. Negli stessi giorni ha affrontato il grave problema della minoranza mussulmana, i Rohingya, e del loro diritto alla cittadinanza affidando a Kofi Annan la Presidenza dell’apposita Commissione. Un esempio per il mondo. I conflitti non sono soltanto nazionali, solo una visione globale li può risolvere.
Ma un esempio anche in termini di saggezza e abilità: affidare la discussione e il confronto su un tema così drammatico a chi è, nella riconosciuta autorevolezza mondiale, parte terza rispetto a quei conflitti, e arriva da “fuori” in un Paese che fino a un paio di anni fa aveva le porte sbarrate a tutto ciò che stava al di fuori dei propri confini. Fino al punto da scrivere in Costituzione che non può essere candidabile alla presidenza chi abbia legami di parentela con cittadini di altri paesi.
Eppure quel mondo che stava fuori è stato sempre al fianco del popolo birmano per accompagnarlo, come Aung San Suu Kyi chiedeva in suo nome, alla liberazione dalla dittatura. La sfida dell’ unità e della pace è la premessa per lo sviluppo. La Birmania, tra i Paesi più poveri e più generosi al mondo, è data in crescita all’ 8%. Nella sua recente visita in Cina Aung San Suu Kyi ha parlato di una strategia diversa dello sviluppo rispetto al resto dell’ Asia. Rispetto della natura, ripristino delle regole e del diritto, uguaglianza sociale. Un’altra sfida per la Birmania del dopo regime mentre la democrazia è agli inizi e i militari mantengono ancora ruoli politici significativi e il controllo di parte dell’ economia. Un processo faticoso e lento che il cardinale di Yangon, Charles Bo, incontrato nella sede dell’ arcivescovado, sintetizza con poche parole: “Distruggere è molto semplice. Per costruire ci vuole tempo”.
Riconciliazione nazionale, crescita economica, inizio del processo democratico: tre fattori che fanno della Birmania un Paese strategico in Asia. La presenza di Aung San Suu Kyi. All’ ONU ha detto al mondo le prime parole di libertà e di pace della Birmania: “Rabbia, avidità, paura, ignoranza corrompono la natura umana e il mondo intero. Vorrei invitare tutti ad aiutarci a rendere il mondo un posto davvero migliore dove vivere, per i nostri nipoti e per i nostri pronipoti. Mobilitiamoci tutti contro la rabbia e l’ odio, contro la paura e l’ ignoranza. Troviamo il cammino che conduce a un mondo migliore attraverso la nostra capacità di amore, di gentilezza, e di felicità per la fortuna degli altri”. Una sfida politica e spirituale che riguarda il suo paese e il mondo. La sta affrontando con la forza della non violenza, del diritto, del dialogo. E il suo popolo è con lei. Noi l’ aspettiamo, il prossimo anno, all’ appuntamento dei Parlamenti del mondo per il G7 che si terrà a maggio a Roma. Aspettiamo Aung San Suu Kyi, una donna per la democrazia. Non solo per la Birmania.